The Great Old Ones
- By : Alessandro Saba
- Category : Excursus
- Tags : Les Acteurs de l'Ombre Productions, Post Black Metal, Post Metal, francia, season of mist
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Se si va a vedere i testi della scena metal si trovano una mare di cose diverse: si spazia dal gore, allo spazio, alle cose demenziali, alle cose scientifiche e anche alla letteratura, ed il gruppo che tratterò in questo excursus si rifà a quest’ultimo argomento. Provenienti da Bordeaux, i The Great Old Ones sono un gruppo post-black francese che usa come tematica principale i racconti di H. P. Lovecraft, elemento che numerosi gruppi hanno trattato e che continuano ad usare (un esempio sono i Sulphur Aeon, dei quali ho parlato in questo articolo ). Finita questa breve premessa, andiamo ad esplorare la loro discografia; inoltre non fornirò troppi dettagli sui testi trattati in quanto considero che sia meglio per l’ascoltatore andarli a leggere come scritti da Lovecraft, meglio ancora se in lingua originale per una resa maggiore.
Formati da quasi dieci anni, nel 2009, il gruppo rilascia il primo lavoro solo nel 2012, intitolato Al Azif, sotto la Les Acteurs de l’Ombre Productions. Inizialmente la line up (che è rimasta stabile fino all’ultimo album uscito quest’anno) comprendeva Sébastien Lalanne al basso, Léo Isnard alla batteria, Xavier Godart alla chitarra, ed infine Jeff Grimal e Benjamin Guerry come chitarristi e cantanti. Particolarità che caratterizza il suono del gruppo è la distanza della voce, che non è chiara ma sembra leggermente “schiacciata” dalla parte strumentale, scelta che nel loro caso trovo molto azzeccata poiché da più un senso di isolamento e claustrofobia. Nell’album di debutto si notano già i riferimenti alle storie dello scrittore di Providence, come Rue d’Auseil, basata su “La musica di Erich Zann“, mentre la opener e title track Al Azif è basata sulla persona incaricata di scrivere il Necronomicon, nefasto libro diventato celebre e nominato più volte anche nei nostri giorni in film o serie tv.
Nel 2014 esce Tekeli-li, secondo album del quintetto e primo lavoro basato interamente su di un unico racconto, in questo caso “Alle Montagne della Follia“; inoltre questo è il primo lavoro dove appare un ospite, Quentin Gendrot al violoncello. Particolarità di questo album è, a differenza degli altri due della discografia, l’uso frequente della lingua francese all’interno dei testi, che si evince già dalla intro Je ne suis pas fou (ovvero “non sono pazzo” in francese), in Awakening e nella finale Behind the Mountains. L’album è ben fatto, e l’inizio di Antartica così come la cover riflettono a pieno la freddezza e la durezza del continente misterioso ed alieno che tanto affascinava lo scrittore.
Il terzo album, EOD: A Tale of Dark Legacy, esce nel 2017 ed è il secondo concept del gruppo, questa volta basato su “La maschera di Innsmouth” (o “L’ombra su Innsmouth” in alcune traduzioni) ed uscito per la Season of Mist. In maniera simile agli altri lavori, la voce è lontana, ma qui l’effetto è maggiore, come se il tutto venisse raccontato da una persona che si deve togliere un peso enorme dallo stomaco per cosa ha visto e sperimentato sulla propria pelle. Tra i momenti migliori dell’album segnalo le ultime due tracce, In Screams and Flames e Mare Infinitum, assieme anche a The Ritual, che io considero tra i pezzi migliori che hanno composto.
In questo album troviamo numerosi ospiti: primo tra tutti, Aurélien Edouard alla chitarra (che diverrà membro in pianta stabile come chitarrista assieme a Jérôme Charbonnier al basso dopo la dipartita di Sébastien e Xavier), Quentin Gendrot al violoncello, Jason Mullaly alla narrazione ed infine come voci aggiuntive troviamo Renaud e Rémi Bonnelye, Benjamin Ichas e Benoit Boulestin.
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